Come tutti sanno, per illuminazione di emergenza si intende l’illuminazione destinata a funzionare quando quella ordinaria viene a...
Come tutti sanno, per illuminazione di emergenza si intende l’illuminazione destinata a funzionare quando quella ordinaria viene a mancare. Questo è uno dei principali presidi di sicurezza degli impianti, in modo da permettere l’evacuazione delle persone in caso di pericolo, o anche, più semplicemente, di permettere agli operatori, di muoversi, in caso di guasto elettrico e conseguente black out di un’area.
Negli impianti installati in luoghi con la presenza di atmosfera potenzialmente esplosiva, questo tipo di sistema presenta diverse altre criticità, rispetto ad un impianto installato in zona sicura.
L’illuminazione di emergenza, si suddivide, a seconda delle finalità, in:
a) illuminazione di riserva;
b) illuminazione di sicurezza.
a) Iluminazione di riserva
L’illuminazione di riserva consente di continuare l’attività̀ al mancare dell’illuminazione ordinaria. Illuminazione di riserva può̀ essere utilizzata per vie di uscita e di emergenza qualora risponda ai relativi requisiti richiesti.
Per fornire energia all’impianto di illuminazione di emergenza possono essere utilizzati sistemi di energia centralizzati o distribuiti.
b) Illuminazione di sicurezza
L’illuminazione di sicurezza è prevista per permettere l’evacuazione in sicurezza del locale oppure per garantire di terminare un processo in corso, potenzialmente pericoloso o di vitale importanza prima di abbandonare il locale.
L’illuminazione di sicurezza si suddivide a sua volta in:
La norma alla quale fare riferimento per un sistema di illuminazione di emergenza è la UNI EN 1838, che stabilisce i seguenti requisiti minimi:
Per quanto riguarda le apparecchiature, invece, esiste una norma di recentissima pubblicazione. Si tratta della CEI EN 60598-2-22 “Apparecchi di illuminazione – Parte 2-22: prescrizioni particolari – Apparecchi di emergenza” la cui ultima revisione è stata pubblicata nel gennaio 2015.
La norma specifica le prescrizioni per gli apparecchi di illuminazione di emergenza che impiegano sorgenti luminose in circuiti di emergenza con tensioni di alimentazione non superiori a 1.000 V.
Ovviamente, per quanto riguarda la protezione antideflagrante, le norme, a seconda del modo di protezione adottato, saranno quelle richiamate dalla direttiva ATEX 94/9/CE.
Il punto che ci interessa, però, e che intendiamo sviluppare in questo articolo tecnico, riguarda la differenza dei sistemi di alimentazione delle armature illuminanti in caso di mancanza di energia dalla rete.
I sistemi di alimentazione di emergenza si possono suddividere in due macrocategorie strutturalmente differenti:
I sistemi di emergenza di tipo centralizzato provvedono ad alimentare tutte le utenze di un impianto da un unico punto, mentre i sistemi di tipo distribuito sono dislocati nell’impianto. Un impianto con un alto grado di distribuzione ha al limite una sorgente di alimentazione di emergenza dedicata per ogni utenza.
Da queste definizioni si possono trarre due casi estremi:
Tra queste due posizioni estreme esistono una serie di possibili soluzioni alternative, con differenti gradi di centralizzazione/distribuzione dei sistemi di potenza elettrica rispetto agli utilizzatori.
Il principale vantaggio della distribuzione dei sistemi con propria riserva di energia deriva direttamente dalla distribuzione stessa. I sistemi sono meno sensibili ai possibili guasti o aperture di protezioni che possono verificarsi nell’impianto elettrico. Inoltre, l’installazione risulta particolarmente semplice e flessibile, ma la manutenzione ed il controllo dell’efficienza dei sistemi distribuiti risulta particolarmente oneroso.
Fino ad oggi, per gli impianti installati in zone di pericolo per la presenza di atmosfera potenzialmente esplosiva, solitamente veniva adottato il sistema distribuito. Le armature illuminanti, con il proprio gruppo di continuità autonomo, composto da inverter e batterie montate nella stessa custodia (solitamente con modo di protezione Ex d), venivano installate in punti definiti dell’impianto, in modo da garantire autonomamente l’illuminazione in caso di black out.
Questo sistema distribuito presenta il vantaggio di non necessitare di una linea specifica di alimentazione, ma l’enorme svantaggio di disporre di numerosi punti luce, molto costosi ed impegnativi per quanto riguarda la manutenzione dei singoli inverter e, soprattutto, delle batterie di alimentazione.
Va tenuta, inoltre, in conto la grande difficoltà di progettare un sistema inverter/batterie sicuro che venga montato in una custodia antideflagrante e che non sia esso stesso possibile fonte di emissione di gas.
L’utilizzo della tecnologia LED applicata alle armature illuminanti antideflagranti consente di progettare oggi impianti con armature illuminanti alimentati a bassa tensione (24 V – 48 V).
In questo caso è possibile progettare dei sistemi di illuminazione di emergenza centralizzati, con un UPS posizionato in Safe Area, e una o più linee di alimentazione a bassissima tensione che vadano ad alimentare le singole lampade posizionate in zone classificate.
Questo sistema evita tutti i costi di manutenzione delle armature dislocate sull’impianto, le quali saranno praticamente eterne grazie alla vita utile delle lampade LED e al fatto che una lampada di emergenze viene utilizzata per poche ore, se non addirittura per pochi minuti, all’anno.
La manutenzione potrà concentrarsi sul sistema UPS centralizzato che, essendo situato in zona sicura, non presenterà particolari problematiche.
Le normative a cui fare riferimento in questo caso saranno le seguenti: