I sistemi hot restrike e l’accensione immediata dei LED Le lampade a scarica sono state considerate per molto tempo, la migliore soluzione...
Le lampade a scarica sono state considerate per molto tempo, la migliore soluzione per l’illuminazione di grandi aree, come possono essere gli impianti petrolchimici o altri capannoni per la produzione industriale. Questo dal punto di vista del rapporto tra la resa luminosa ed il costo.
Il rendimento luminoso dalle lampade a scarica raggiunge e in taluni casi supera i 100 Lumen/Watt, cioè, a parità di consumo, circa 5-6 volte il rendimento delle lampade al quarzo-iodio.
Attualmente, con il miglioramento tecnologico e la messa a punto di componenti di potenza, i sistemi di illuminazione a LED si stanno progressivamente diffondendo in diversi ambienti, andando a sostituire le armature illuminanti con lampade a scarica.
Storicamente, le lampade a scarica rappresentarono, nel XIX secolo, le prime forme di illuminazione elettrica, prima ancora dell’invenzione della lampade a filamento.
La scarica era ottenuta accostando due elementi metallici o barrette di grafite in aria atmosferica. Questo sistema permetteva di ottenere dei grandi flussi luminosi, ma aveva lo svantaggio del rapido consumo degli elettrodi.
Nel tempo, con la sostituzione degli elettrodi mobili, si crearono le lampade moderne, nelle quali la scarica avviene attraverso un gas a pressione all’interno di un bulbo in vetro.
Le principali tipologie di lampade a scarica sono:
Oggi, con la direttiva comunitaria 2002/95/CE, le lampade a vapori di mercurio sono state messe al bando per questioni di sicurezza ecologica. Successivamente, la Direttiva 2009/125/CE e il Regolamento CE 245/2009, hanno definito i requisiti per la progettazione ecocompatibile di lampade a scarica ad alta intensità, alimentatori e apparecchi di illuminazione in grado di far funzionare tali lampade. Pertanto, al giorno d’oggi possiamo considerare che le lampade a scarica utilizzabili negli ambienti a rischio di esplosione, sono quelle a vapori di sodio (SOX – SON – SDW) e quelle a ioduri metallici (HMI).
Le tre caratteristiche principali di queste tipologie di lampade e ciò che differenzia le une dalle altre sono:
Senza addentrarci specificatamente nell’analisi delle differenze, possiamo dire che lo spettro di emissione è caratterizzato dal tipo di gas presente nel bulbo, che porta ad emissioni di varia temperatura di colore. Possiamo andare dall’emissione luminosa tendente al giallo (2000 – 2200°K) delle lampade a vapori di sodio ad alta pressione, alla resa cromatica di quelle a ioduri metallici (4000- 5600°K) che le rende particolarmente adatte all’illuminazione di luoghi, come ad esempio gli stadi sportivi, in cui la resa cromatica è molto importante. I rendimenti luminosi sono mediamente molto elevati e la durata media di queste lampade si attesta attorno alle 15.000 ore.
Nonostante queste caratteristiche, l'utilizzo delle lampade a scarica, in certi ambienti, è reso problematico dalla impossibilità di accenderle e spegnerle a piacimento come le normali lampade ad incandescenza o come avviene per le lampade a LED.
Dopo lo spegnimento, sono necessari diversi minuti per riaccendere la lampada. E’ necessario attendere che essa si raffreddi affinché l'accenditore riesca nuovamente ad innescarla. L'inconveniente è molto fastidioso in caso di interruzioni momentanee dell'energia elettrica o di buchi di tensione causati da disturbi sulla linea o forti assorbimenti momentanei.
Questo fenomeno, che può essere soltanto fastidioso in alcune condizioni, diviene assolutamente pericoloso in altre. Provate a pensare alla mancanza di illuminazione per diversi minuti in un capannone industriale nel quale avvengono processi produttivi che presentano livelli elevati di rischio.
Per questo motivo, negli ultimi anni, sono stati messi a punto dei sistemi di riaccensione rapida, attraverso particolari apparecchiature elettroniche.
Come dicevamo, negli ultimi anni sono stati messi in commercio dei sistemi elettronici che permettono di riaccendere le lampade a scarica in pochi secondi, senza essere costretti ad attendere il completo raffreddamento del gas.
Questi sistemi, denominati Hot Restrike, sono di vari tipi.
I principali sono:
Tutti questi apparecchi necessitano ovviamente di particolari attenzioni nel sistema di impianto. Solitamente c’è la necessità di utilizzare dei cablaggi con cavi speciali e devono essere installati in assoluta prossimità della lampada.
Nonostante i miglioramenti che queste apparecchiature presentano, rispetto all’alimentazione con i normali ballast ferromagnetici, i tempi di riaccensione, per ritornare ad una efficienza luminosa del 100%, si aggirano sempre attorno ai 100 secondi dopo lo spegnimento della lampada. Inoltre, le lampade a scarica sono soggette ad un deterioramento veloce e prematuro che implica elevati costi di manutenzione.
Le nuove armature illuminanti che utilizzano LED di potenza, oltre a presentare uno spettro luminoso decisamente migliore di quello delle lampade a scarica e poter pertanto essere utilizzate in qualunque ambiente che richieda anche temperature di colore prossime allo spettro solare, hanno una efficienza luminosa elevatissima (i LED bianchi possono raggiungere un’efficienza di 300 lumen/watt).
La vita utile del LED, inoltre, raggiunge le 50.000 ore, con un decadimento molto lento.
Ma quello che dovrebbe farli preferire alle lampade a scarica è proprio l’Instant restrike, cioè la riaccensione immediata senza alcun tempo di latenza.
La conoscenza della tecnologia a LED per l’illuminazione di grandi aree è ancora molto limitata negli utilizzatori. Molto spesso, infatti, all’atto della richiesta di preventivo, vengono richiesti prodotti a LED con sistemi di hot restrike. Questi sistemi sono assolutamente inutili per le armature illuminanti a LED proprio perché, come caratteristica intrinseca di questa tecnologia, sono in grado di riaccendersi immediatamente, senza tempi di attesa e con la massima luminosità, dopo una mancanza di corrente.
Le armature illuminanti con questo tipo di sorgente luminosa sono, quindi, da preferire soprattutto in quelle zone in cui la mancanza temporanea di illuminazione potrebbe causare un grave inconveniente per la sicurezza delle persone che operano in quegli ambienti.