La nuova classificazione delle aree pericolose

In ogni luogo ove avviene una lavorazione che comporti un innalzamento della temperatura di sostanze infiammabili, come ad esempio gli...

In ogni luogo ove avviene una lavorazione che comporti un innalzamento della temperatura di sostanze infiammabili, come ad esempio gli idrocarburi, e ne provochi la loro evaporazione, si può verificare, sia per motivi di normale operatività, sia in caso di guasto o di incidente, una fuoriuscita dei gas o dei vapori che a contatto con fiamme libere o con scintille provocate da fenomeni elettrici possono esplodere.

Quando si parla di questi fenomeni, si prende quasi sempre ad esempio una raffineria perché è forse il luogo dove è più facile immaginare il verificarsi di un’esplosione, ma le medesime condizioni le possiamo trovare in altri impianti chimici, o anche in luoghi molto più semplici e apparentemente innocui, quali posso essere, ad esempio, una cabina di verniciatura o un locale ricarica batterie dei carrelli sollevatori.

Pertanto è importante, all’interno di qualsiasi impianto o stabilimento, ove per la natura delle lavorazioni ci possa essere, anche per periodi limitati di tempo, la presenza di gas o vapori infiammabili, in percentuali tali da poter provocare un’esplosione, determinare le aree di pericolo e progettare degli impianti elettrici adeguati ad eliminare le possibili cause di una deflagrazione.

L’identificazione delle zone di pericolo

L’identificazione delle zone di pericolo in un impianto chimico o petrolchimico viene fatta da personale altamente qualificato. Di solito, i responsabili di processo stabiliscono ove vi sia la presenza continua o saltuaria di un’atmosfera esplosiva nell'impianto.

I centri di pericolo più frequenti sono quelli dove esiste la possibilità di fuoriuscita di gas infiammabili che può avvenire durante il funzionamento ordinario o a causa di qualche guasto.

Il tipo di presenza di materiale infiammabile in una data zona ne determina la sua classificazione.

In sostanza, sono due le cose che vanno stabilite: la prima è quali materiali sono presenti in una determinata area dell’impianto, la seconda per quanto tempo e in che volumi possono essere presenti nel corso del tempo.

Nel gennaio di quest’anno, è stata pubblicata la revisione della norma CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87 - gennaio 2010), che comprende la classificazione delle aree nelle quali il pericolo di esplosione è rappresentato dalla presenza di gas, vapori o nebbie.

Parallelamente è uscita anche la norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88 – GENNAIO 2010) per la classificazione delle zone pericolose per la presenza di polveri infiammabili.

Questa norma che va a sostituire la precedente CEI EN 60079-1 (CEI 31-30) si basa, per la classificazione, su valutazioni analitiche che considerano alcuni principi come la reale ventilazione dell’ambiente, le concentrazioni delle miscele potenzialmente esplosive, i tempi di permanenza delle miscele calcolate in rapporto al LEL, Lower Explosive Limit.

Alla fine di questa analisi, ogni luogo pericoloso deve essere classificato in una delle seguenti tre zone in base alla frequenza di formazione e alla permanenza di un’atmosfera esplosiva: 

Zona 0

Luogo in cui un’atmosfera esplosiva per la presenza di gas è presente continuamente o per lunghi periodi o frequentemente.

Zona 1

Luogo in cui un’atmosfera esplosiva per la presenza di gas è probabile sia presente occasionalmente durante il funzionamento normale.

Zona 2

Luogo in cui un’atmosfera esplosiva per la presenza di gas non è probabile sia presente durante il funzionamento normale ma, se ciò avviene, è possibile persista solo per brevi periodi.

Ogni altra zona dell’impianto è considerata AREA SICURA.

I valori probabilistici in base ai quali definire le varie zone risultano essere i seguenti:

Zona

Probabilità di presenza di atmosfera esplosiva in un anno

Ore di presenza in un anno

Zona 0

P> 10 –2

Circa 100 h

Zona 1

10-2 > P > 10-4

Da 1 h a 100 h

Zona 2

10-4 > P > 10-6

Da 0,01 h a 1 h

La classificazione delle zone di pericolo, con la nuova norma, non si discosta sostanzialmente dalla precedente, ma introduce alcuni nuovi concetti, come l’uso delle apparecchiature col più alto livello di protezione (EPL).

La norma prende in considerazione diversi parametri per stabilire se effettivamente esiste il pericolo di esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie.

Innanzitutto è necessario definire la quantità di sostanze pericolose in volumi sufficienti e l’esistenza di una sorgente di emissione.

Successivamente è necessario seguire il procedimento proposto dalla guida per la classificazione dei luoghi pericolosi:

  1. Individuare le sostanze presenti e i loro dati significativi, come il limite inferiore di esplodibilità della miscela (LEL.)
  2. Individuare le sorgenti di emissione, verificando prima di tutto la possibilità di eliminarle o ridurle il più possibile.
  3. Per ciascuna sorgente è necessario determinare il grado di emissione (continuo, primo, secondo).
  4. Per i luoghi si devono definire i valori di riferimento della temperatura ambiente e le caratteristiche della ventilazione che può essere alta, media o bassa.
  5. Infine, è necessario stabilire il tipo di zona utilizzando la tabella B1 e calcolare la distanza che determina l’estensione della zona pericolosa.

L’estensione della zona pericolosa dipende, inoltre, dalla modalità di emissione, in particolare da:

  • Stato di emissione (gas o vapore in singola fase, liquido o gas liquefatto, etc.)
  • Velocità di emissione I gas e i vapori tendono a diffondersi nell’aria e ad occupare l’intero spazio a disposizione. Pertanto i gas si disperdono nell’aria sia in base al loro peso sia in base alla ventilazione. Le modifiche introdotte nella nuova norma hanno portato il SC 31J del CEI a decidere la revisione della Guida CEI 31-35, che è in corso di realizzazione.
Data pubblicazione: 01/02/2010

Argomento: Approfondimento