I processi produttivi nelle aziende che producono farmaci per miscelazione, emulsione e reazione chimica di composti organici, possono...
I processi produttivi nelle aziende che producono farmaci per miscelazione, emulsione e reazione chimica di composti organici, possono generare delle condizioni ambientali tali da creare delle atmosfere potenzialmente esplosive. Molto spesso, nel corso del processo produttivo, sono utilizzate sostanze allo stato liquido, che, possono essere portate a temperature tali da emettere vapori infiammabili, oppure possono raggiungere temperature superiori addirittura alla temperatura d’infiammabilità.
Oltre agli impianti industriali in cui si svolge un processo produttivo, sono presenti laboratori chimici di ricerca e sviluppo, all’interno dei quali possono essere presenti liquidi, gas o polveri combustibili in quantità tali da poter comunque rappresentare un rischio esplosione.
Le sostanze sono normalmente contenute in recipienti chiusi, in aree destinate allo stoccaggio prima di essere messe in produzione.
Quantificando il rischio esplosione, pertanto, sono da tenere in considerazione queste possibilità:
Come sempre, per la classificazione delle zone, il primo passo sarà quello di verificare le caratteristiche di tutte le sostanze presenti nel processo produttivo, farne un elenco dettagliato e mappare la zona nella quale tali sostanze sono utilizzate o stoccate. Questa è un’attività che dovrà essere portata avanti assieme all’aiuto dei responsabili dei vari processi. Per ogni sostanza pericolosa va predisposta una scheda con tutte le proprietà chimiche e fisiche necessarie alla classificazione (temperatura d’infiammabilità, temperatura di accensione, UEL, LEL, ecc.).
La classificazione dei luoghi di pericolo deve essere eseguita in conformità alla Norma EN 60079-10-1 per la parte dell’impianto con presenza di gas, vapori o nebbie, e secondo la Norma EN 60079-1-2 per le zone con presenza di polvere combustibile. Quest’ultima consente di eseguire la classificazione considerando tutti i pericoli dovuti alla presenza di polveri in nube e/o in strato, tenendo conto di alcune considerazioni dovute al tipo delle lavorazioni eseguite.
Vediamo ora quali possono essere le sorgenti di emissione di un impianto industriale farmaceutico.
Sono da considerarsi sorgenti di emissione di grado continuo (se all’interno del sistema c’è aria):
In base alle procedure delle operazioni, le seguenti sorgenti di emissione sono da considerasi di grado continuo o di primo grado:
Le flange, i giunti, le valvole e in generale i punti di discontinuità dell’impianto produttivo, di contenimento o di convogliamento sono da considerarsi sorgenti di emissione di grado secondo. In presenza di polvere combustibile nel processo, come potrebbe essere, ad esempio, il lattosio che è utilizzato come coadiuvante, sarà opportuno valutare la probabilità che si formino strati e se c’è il rischio che tali strati possano sollevarsi in nubi diventando delle sorgenti di emissione.
Il risultato della classificazione dipende dalle condizioni di esercizio, dai parametri dell’impianto, dal volume dell’ambiente, dalla ventilazione e dal coefficiente di efficacia. In generale, per quanto riguardano i gas, potremo avere:
Zona 0, all’interno di sistemi di contenimento e all’interno dei contenitori aperti;
Zona 1, intorno a operazioni di miscelazione, punti di prelievo, carico, scarico, ecc.
Zona 2, originata dalle SE dei punti di discontinuità dell’impianto.
L’estensione delle zone pericolose può essere determinata dalla distanza “dz” a partire dalla sorgente di emissione (SE) in direzione dipendente dal tipo di gas.
In caso di presenza di polvere nel processo, si potrebbero ottenere: