Gli impianti si dividono principalmente in impianti con condutture protettive metalliche e impianti in cavo. I diversi dispositivi necessitano di ingressi cavo idonei al modo di protezione utilizzato. La tipologia di ingresso cavo può apparire un mero argomento teorico, ma impatta in maniera decisa sul livello di sicurezza dell’impianto.
di Andrea Battauz, R&D Project Engineer di Cortem Group
Come è noto, gli impianti si dividono principalmente in impianti con condutture protettive metalliche e impianti in cavo.
I diversi dispositivi necessitano di ingressi cavo idonei al modo di protezione utilizzato. Nello specifico analizziamo il modo di protezione [0] ‘Ex d’, al più nella sua composizione con il modo di protezione ‘Ex e’. Questo limitandoci alle atmosfere esplosive dovute a gas e tralasciando in questo articolo i modi ‘Ex n’ ed ‘Ex i’. Generalmente i cavi entrano nei dispositivi in tre modi:
La Fig. 1 qui a lato ben rappresenta le tipologie di ingresso in custodie antideflagranti e le tipologie di impianto.
L’ingresso tramite raccordi di bloccaggio è quello che troviamo in un impianto con cavi in condutture metalliche protettive (conduit) e quindi è il sistema più tradizionale nelle aree d'impianto classificate come Zona 1. I conduttori che passano nei tubi metallici vengono sigillati nel raccordo di bloccaggio ed entrano poi nella custodia antideflagrante.
L’ingresso tramite pressacavo ‘Ex d’ è la soluzione d’ingresso realizzata interamente nel modo di protezione ‘Ex d’ che è presente più spesso nell’impianto in cavo. Logicamente, la scelta di utilizzo tra un pressacavo con barriera ed uno con gommino è realizzata in accordo al criterio di selezione dei pressacavi secondo la normativa impiantistica EN-60079-14 [1].
Figura 2: skid con ingressi cavo diretti nelle custodie inferiori per mezzo di raccordi di bloccaggio
Il terzo sistema è relativo al collegamento alla rete di quelle apparecchiature o custodie che sono dotate di una scatola morsetti a sicurezza aumentata. Questo permette di effettuare la connessione con un pressacavo ‘Ex e’, ovvero un pressacavo certificato dotato di gommino ed evitare così qualunque operazione di sigillature in sito. Inoltre, trattandosi di pressacavi ‘Ex e’ non è necessario applicare il criterio di scelta come sui pressacavi ‘Ex d’, che, per quanto se ne parli, rimane fuor dubbio una valutazione tecnica complessa.
Con questa opzione, il collegamento del dispositivo antideflagrante diventa veloce da installare quanto un dispositivo industriale.
Figura 3: skid realizzato con ingressi cavo indiretti nella parte inferiore
È interessante notare come sempre più dispositivi antideflagranti ‘Ex d’ utilizzino una scatola morsetti a sicurezza aumentata per la connessione in impianto [2].
In questi dispositivi la parte antideflagrante è separata dalla scatola morsetti ‘Ex e’ tramite appositi passa parete certificati [3].
Questo di fatto rende tali apparecchi molto versatili, escludendo le procedure di sigillatura in loco necessarie con l'uso dei raccordi di bloccaggio o dei pressacavi barriera.
La tipologia di ingresso cavo può apparire un mero argomento teorico, ma impatta in maniera decisa sul livello di sicurezza dell’impianto.
Da non trascurare poi il discorso economico, considerato che il raccordo di bloccaggio e il pressacavo ‘Ex d’ barriera presentano come costo nascosto la loro installazione, ben poco agevole. Per contro, il pressacavo ‘Ex d’ con gommino è di semplice installazione, ma permane la complessità tecnica nel criterio che ne permette l’installazione.
Ecco che quindi possiamo comprendere il valore aggiunto di un’apparecchiatura dotata di scatola morsetti di collegamento realizzata a sicurezza aumentata.
Note, norme di riferimento e bibliografia
[0]Nel prosieguo per semplicità indicheremo il modo di protezione Ex-db come Ex-d e il modo di protezione Ex-eb come Ex-e
[1]paragrafo 10.6.2 della EN 60079-14
[2]troviamo la scatola di connessione a sicurezza aumentata su motori, armature illuminanti e sensori
[3]passaggi sigillati/isolatori passanti/pressacavi interni