I principali materiali di origine non metallica nei dispositivi elettrici sono quelli plastici e quelli elastomerici. I loro nemici più significativi sono l'invecchiamento, le cariche elettrostatiche e i raggi UV.
di Andrea Battauz, R&D Manager di Cortem Group
Nel mondo dei dispositivi idonei all’uso in atmosfere potenzialmente esplosive si è portati a definire i dispositivi in base al loro modo di protezione: custodie antideflagranti, motori a sicurezza aumentata, apparecchiature illuminanti a respirazione limitata o sensori a sicurezza intrinseca.
Eppure, prima di rispondere ai dettami del modo di protezione specifico, vi sono una serie di requisiti generali che tutti i dispositivi devono rispettare. Il riferimento normativo per questi requisiti è la normativa IEC/EN 60079-0.
Lungi da voler esaminare in dettaglio i requisiti generali, ci soffermiamo su alcune caratteristiche particolarmente rappresentative dei materiali utilizzati nei dispositivi idonei all’uso in atmosfere potenzialmente esplosive.
La normativa IEC/EN 60079-0 opera una prima distinzione tra materiali metallici e non metallici.
I principali materiali di origine non metallica nei dispositivi elettrici sono i materiali plastici e quelli elastomerici. Anche se troviamo il vetro e i materiali ceramici in molte applicazioni, dai trasparenti delle apparecchiature illuminanti agli isolatori per le alte tensioni, la maggior parte delle parti elettricamente isolanti sono realizzati in plastica. Ne sono un esempio i trasparenti di policarbonato, le custodie in poliestere rinforzato con fibre di vetro, le innumerevoli parti che fungono da isolanti all’interno di prese, spine, connettori o morsetti.
Il principale nemico delle plastiche è l’invecchiamento, un fenomeno di lenta ossidazione dei polimeri di cui tutti noi abbiamo familiarità. Gli oggetti che ci circondano negli anni perdono resistenza meccanica e tenuta all’acqua, in modo particolare quelli esposti alle intemperie e ai raggi ultravioletti in ambiente esterno.
Per questo motivo i requisiti normativi sono particolarmente stringenti: i materiali plastici devono avere l’indice di temperatura “TI” o l’indice di temperatura relativo “RTI-meccanico” maggiore di almeno 20 gradi centigradi rispetto alla temperatura raggiunta in servizio. La stessa cosa dicasi per i materiali elastomerici, con la differenza che in questo caso viene presa come riferimento la COT (temperatura di funzionamento continuo).
La resistenza ai raggi ultravioletti può essere garantita tramite il grado (f1) secondo la normativa UL 746C o, in alternativa, con una prova specifica che simula l’esposizione solare. [1]
Il terzo aspetto critico da prendere in considerazione è la possibile formazione di cariche elettrostatiche sulla superficie, particolarmente insidiosa quando l’apparecchio è raggiungibile dall’operatore che quindi può scaricare a terra tale carica attraverso il suo corpo e generare una scintilla.
Tra le varie opzioni per gestire questa eventualità vi è quella di ridurre la resistività superficiale ad un valore inferiore ai 10^9 Ohm. [2] Questo viene spesso realizzato tramite mescole polimeriche contenti grafite o fibre di carbonio che aumentano la conducibilità del composto e donano il consueto colore nero ai materiali plastici “antistatici”.
Molto significativa per i materiali non metallici è la prova d’urto che segue al ciclo di resistenza di temperatura (thermal endurance) in cella climatica. I materiali stressati dal caldo e infragiliti dal freddo vengono sottoposti alla prova d’urto tramite una massa lasciata cadere da diverse altezze. Maggiore è l’altezza di caduta, maggiore è l’energia dell’urto conseguente, compresa in un intervallo tra 1 e 20 Joule.
Questa sequenza di prove mette in risalto la resistenza all’invecchiamento, alle basse temperature ed ai raggi UV (dove richiesto) del materiale non metallico.
Spesso per incrementarne la resistenza meccanica viene aggiunta la fibra di vetro alla mescola polimerica, pensiamo al diffusissimo poliestere caricato con fibre di vetro (GRP).
I modi di protezione sono spiegati e approfonditi in norme specifiche: l’antideflagrante nella EN/IEC 60079-1, la sicurezza aumentata nella EN/IEC 60079-7 e così via.La EN/IEC 60079-0, norma dei requisiti generali, è da considerarsi valida nella misura in cui non entra in conflitto con la norma del modo di protezione particolare, nel qual caso è quest'ultima a prevalere. [3]
[1] IEC/EN 60079-0 26.10
[2] 10^9 Ohm è il valore di resistività misurato al (50 ± 5) % di umidità relativa.
Quando il rischio deriva da una vernice, con una resistenza superficiale >10^9 Ohm, nel caso di apparecchiature del gruppo I e II si può agire limitando lo spessore del rivestimento. Si ritiene infatti che uno spessore inferiore ai 200 mm non possa accumulare una carica statica con livelli di accensione efficaci (vedi nota 6 Tabella 8 EN 60079-0). Agire sullo spessore non è considerato valido per il gruppo di apparecchi III (polveri).
[3] IEC/EN 60079-1 PAR 1