I costruttori di apparecchi ATEX usano diversi modi di protezione per raggiungere un determinato EPL. Questi modi di protezione sono in continua evoluzione sia tecnica che normativa. Ad ogni modo, i più utilizzati sono quelli che si sono affermati storicamente.
di Andrea Battauz, R&D Project Engineer di Cortem Group
I costruttori di apparecchi ATEX usano diversi modi di protezione per raggiungere un determinato EPL. Questi modi di protezione sono in continua evoluzione sia tecnica che normativa. Ad ogni modo, i più utilizzati sono quelli che si sono affermati storicamente.
La conoscenza approfondita dei modi di protezione è appannaggio dei costruttori di dispositivi e degli enti notificati che sono chiamati a verificarne i requisiti. Tuttavia, la comprensione di alcuni aspetti dei modi di protezione è un requisito essenziale per una corretta installazione.
Prima di entrare nel dettaglio dei modi di protezione più utilizzati, è necessario approfondire alcuni concetti di base che, come vedremo, torneranno a più riprese nella normativa.
Per fare ciò si può partire dal comprendere bene il significato della parola esplosione.
La direttiva ATEX definisce l’atmosfera esplosiva come: una miscela contenente aria, a condizioni atmosferiche, sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri nella quale, dopo l’innesco, la combustione si propaga all’intera miscela non bruciata. [1]
L’esplosione oggetto della direttiva ATEX è quindi implicitamente una combustione che avviene tra reagenti alla pressione atmosferica standard.
La combustione è una reazione chimica esotermica, che libera cioè calore. Normalmente la combustione genera calore che si libera nell’aria senza generare differenze di pressione, pensiamo ad un tronco di legno che brucia in un bosco o all’interno di un caminetto, il calore ha il tempo di fluire cedendo energia termica all’aria e alla materia circostante senza produrre sbalzi di pressione. Nel caso di un’esplosione, invece, la velocità di reazione è tale che il volume delle sostanze coinvolte aumenta senza riuscire a cedere il calore generato dalla reazione, i gas espandono generando pressione sulle superfici o sui gas non ancora compressi.
A titolo esemplificativo: in un volume chiuso, partendo con i reagenti alla pressione atmosferica, valori tipici di un’esplosione possono essere: le 10 atmosfere di picco di pressione e i 102 m/s di velocità di reazione. [2]
Inoltre, rispetto ad una comune reazione di combustione, l’esplosione si auto sostiene mediante la propagazione di un fronte di fiamma attraverso l’atmosfera esplosiva. [3]
Per affrontare il tema del rischio esplosione, al pari di quanto si fa per il rischio di incendio, si introduce il concetto schematico di triangolo del fuoco.
È un concetto spesso riportato anche nei corsi antincendio e riflette infatti la già citata corrispondenza esplosione/combustione.
Il triangolo riassume le tre condizioni di base che devono essere soddisfatte per dare l’inizio ad un incendio o ad una esplosione.
Un'esplosione può avvenire solo se sono presenti nello stesso posto allo stesso momento:
Tra le fonti d’innesco, restringendo il campo a quelle che con maggiore probabilità si trovano in un dispositivo elettrico, annoveriamo: scintille o archi di origine elettrica, cariche elettrostatiche e superfici calde (es. superficie calda di un motore in funzione). Inoltre, per prodotti specifici (come una antenna radio o uno strumento laser) onde elettromagnetiche, radiofrequenze e radiazioni ottiche.
Per la progettazione di dispositivi elettrici aventi un EPL Ga, Gb o Gc sarà necessario evitare che i tre fattori che compongono il triangolo della combustione siano presenti contemporaneamente.
Per fare questo seguiremo tre criteri di base:
1. Contenimento
L’esplosione può avvenire ma viene confinata in un volume ben definito per mezzo di custodie apposite. Viene inoltre preclusa la possibilità che l’esplosione possa innescare l’atmosfera circostante. Il contenimento dell’esplosione è alla base del modo di protezione antideflagrante, Ex-d, le cui custodie vengono spesso definite a prova d’esplosione, mentre in inglese sono chiamate flameproof.
2. Prevenzione
Si evita l’innesco dell’atmosfera esplosiva, controllando le energie in gioco, come nel modo di protezione a sicurezza intrinseca, oppure aumentando criteri di sicurezza industriale standard, come nel modo di protezione a sicurezza aumentata. Questo criterio è alla base del modo di protezione a sicurezza aumentata Ex-e e a sicurezza intrinseca Ex-i
3. Segregazione
Vengono separate fisicamente le fonti d’innesco dalla atmosfera esplosiva. La segregazione è alla base del modo di protezione mediante pressurizzazione Ex-p, incapsulamento Ex-m, immersione in olio Ex-o, riempimento con polveri Ex-q, respirazione limitata Ex-nR.
Tabella 1: Criteri di base e modi di protezione più usati
È poi necessario introdurre un altro principio che troverà la sua declinazione nei vari modi di protezione previsti dalla normativa.
L’apparecchiatura elettrica che possiede un EPL (livello di protezione) alto deve garantire l’assenza della fonte di innesco anche in condizioni di guasto.
Come visibile in tabella 2 "Gruppo e categoria dell’apparecchio, EPL, tolleranza ai guasti [4]", questo concetto è riportato anche nella stessa direttiva ATEX.
Abbiamo visto, in conclusione, quali siano i concetti di base che stanno alla base dei principali modi di protezione utilizzati per le apparecchiature elettriche.Va da sé che la scelta del modo di protezione è legata alla tipologia di dispositivo elettrico, oltre che da considerazioni che riguardano la facilità della manutenzione ordinaria e straordinaria, l'affidabilità del sistema e, non ultimo, i costi di realizzazione e di manutenzione.
Note, norme di riferimento e bibliografia
[1] DIRETTIVA 2014 34 UE – Art. 2 par 4
[2]Explosion Protection – Heinrich Groh – Elsevier - Cap. 1.1
[3]EN 1127-1:2019 4.2.1
[4] DIRETTIVA 2014 34 UE – Allegato 1 par 2